venerdì 26 settembre 2008

Tifo assassino

Ho appena finito la mia tesi, sulla violenza negli stadi e sul particolare caso di Filippo Raciti. Ho avuto modo di fare qualche ricerca in tema, e vorrei proporvi un questo post, che in un macabro bollettino di guerra, elenca tutte le persone che sono state uccise dal calcio e dai suoi orrendi "tifosi". L'aggettivo "agghiacciante" non basta...

Il 28 aprile 1963 perde la vita Giuseppe Plaitano. È il primo morto del calcio italiano, il primo a morire a causa della follia ultrà. Allo stadio Vestuti di Salerno si gioca Salernitana – Potenza, incontro decisivo ai fini della promozione in Serie B. La tensione è alta sin dalle prime battute di gioco. A scatenare l’inferno è un rigore non assegnato dall’arbitro alla squadra di casa. I tifosi inferociti riescono ad invadere il campo, scatenando un’accesa guerriglia con i supporter avversari. La polizia tenta di frapporsi tra le due frange impazzite, ed un agente spara in aria un colpo intimidatorio. Sugli spalti della tribuna centrale si accascia un uomo di 48 anni, raggiunto fatalmente dal proiettile vagante. È Giuseppe Plaitano, il primo morto del calcio italiano.
Vincenzo Paparelli è uno dei nomi più utilizzati dai giornali quando si scrive di violenza negli stadi. Questo perché il tragico evento che porta alla sua morte ha dell’incredibile. È il 28 ottobre 1979. Vincenzo e la moglie sono tifosi laziali, e come al solito si recano allo stadio, in Curva Nord, per assistere allo spettacolo cittadino del derby: quel giorno si gioca, infatti, Roma – Lazio. Sono circa le 13:30, manca poco più di un’ora all’inizio della partita, quando dalla Curva Sud, occupata dai tifosi della Roma, parte un razzo a paracadute di tipo nautico, che s’infrange sul volto di Vincenzo, perforandogli il bulbo oculare sinistro. Un volo di circa 200 metri, da curva a curva. La moglie si ustiona entrambe le mani nel vano tentativo di estrarre il tubo di ferro incandescente. L’uomo viene trasportato immediatamente all’ospedale Santo Spirito, ma per lui non ci sarà nulla da fare.
Andrea Vitone ha solo 13 anni quando conosce la morte. È il 21 marzo 1982; si è appena disputata la partita Bologna - Roma, e Andrea è sul treno che sta riportando a casa i tifosi giallorossi. Nei pressi di Civita Castellana un petardo causa accidentalmente l’incendio del vagone nel quale è seduto, forse addormentato, il ragazzo. Andrea muore soffocato.
Nel 1984 il calcio uccide due volte. La prima, l’8 febbraio, a Trieste, in seguito alla partita Triestina – Udinese. A causa di gravi incidenti scoppiati tra le due tifoserie, la Polizia è costretta ad intervenire. Negli scontri perde la vita il tifoso triestino Stefano Furlan, in conseguenza a gravi lesioni cerebrali causategli probabilmente dalle percosse infertegli dalle Forze dell’Ordine. Da allora la curva dello stadio di Trieste in cui prendono posto i tifosi della Triestina è intitolata proprio a Stefano Furlan.
Il secondo omicidio del calcio accaduto nel 1984 si verifica a Milano. Stavolta la vittima si chiama Marco Fonghessi, ed è un giovane tifoso del Milan. È il 30 settembre, e si è appena conclusa la partita Milan – Cremonese. La dinamica dell’episodio è assurda. Marco sta tornando a casa, dopo aver visto la partita allo stadio. La sua auto è targata Cremona, ed un gruppo di tifosi meneghini la nota. Mentre Marco è imbottigliato nel traffico fuori San Siro, il gruppetto raggiunge l’auto, la circonda, e fora le gomme al malcapitato Fonghessi. Questi reagisce, esce dalla vettura, fa per avvicinarsi a uno dei quattro, ma prima che possa parlare viene trafitto al petto da una coltellata, sferrata da un giovane appena diciottenne. Così muore Marco, ucciso da un tifoso della sua stessa squadra del cuore, per colpa di un’auto con la targa “sbagliata”.
Nel 1986 a rimetterci la vita è un ragazzo di 17 anni: Paolo Siroli, tifoso della Roma. È il 13 aprile, e i supporters romani stanno tornando da Pisa col morale a mille: la loro squadra ha vinto 4 - 2, ed ha agganciato in vetta alla classifica la Juventus, a sole due giornate dalla fine del campionato. La troppa euforia porta alcuni ultrà ad appiccare il fuoco ad uno scompartimento del treno in cui viaggiano. Le fiamme si propagano in fretta, senza controllo. Paolo muore così, ucciso dal “fuoco amico”.
Pochi mesi più tardi, il 7 dicembre 1986, il tifoso della Sambenedettese Giuseppe Tomasetti, di appena 21 anni, muore accoltellato da un tifoso dell’Ascoli, al termine di una partita di Coppa Italia.
Due anni dopo tocca a un tifoso ascolano morire per una partita di calcio. Il 9 ottobre 1988 allo Stadio Del Duca di Ascoli, al termine della partita con l’Inter, Nazzareno Filippini resta gravemente ferito nel corso di una cruenta rissa scoppiata tra le tifoserie avversarie. Poche ore dopo si spegnerà in ospedale, mentre la Polizia arresta quattro esponenti della curva nerazzurra.
L’anno successivo, il 4 giugno 1989, prima che si disputasse la partita Milan – Roma, il tifoso giallorosso Antonio De Falchi, appena diciottenne, muore per arresto cardiaco, causato dall’aggressione subita dal giovane e da tre amici per mano di una ventina di tifosi milanisti. Dei tre ultrà milanesi processati, soltanto uno viene arrestato e poi condannato a sette anni di reclusione.
Quattro anni dopo, la violenza degli ultrà colpisce a Bergamo. È il 10 gennaio 1993. Al termine di Atalanta – Roma, muore, colto da infarto, il 42enne Celestino Colombi. Non si tratta di un tifoso, né di un poliziotto. È un cittadino come tanti, rimasto coinvolto accidentalmente nelle cariche della Polizia mentre si trovava casualmente nei pressi dello Stadio Atleti Azzurri d’Italia.
Il 1994 è un altro anno tragico per le sorti del calcio nazionale. Quello che doveva essere l’anno della speranza per la vittoria dei Mondiali americani, dell’esultanza per l’assegnazione a Roberto Baggio del prestigioso Pallone D’Oro e dell’ennesima consacrazione del calcio italiano a livello globale, si tramuta in un triste susseguirsi di morti, passate inosservate o sussurrate sottovoce, onde non macchiare il clima di festa. Salvatore Moschella non è un ultras. È il 30 gennaio 1994. Sta viaggiando su un treno partito da Ragusa e che lo sta riportando a casa. Sullo stesso convoglio viaggiano anche alcuni tifosi del Messina, di ritorno dalla trasferta ragusana. Questi cominciano ad infastidire una giovane ragazza seduta poco lontano da Salvatore, il quale intima ai messinesi di lasciarla in pace. Gli ultrà in tutta risposta se la prendono con lui, aggredendolo con furia e cattiveria. Il ragazzo, nello strenuo tentativo di trovare una via di fuga, si butta dal finestrino del treno in prossimità della stazione di Acireale, mentre il treno sta rallentando. Le ferite riportate sono gravissime, e dopo poche ore Salvatore si spegne in ospedale, a soli 22 anni. È il primo morto del calcio del 1994.
Il 5 luglio non è la violenza dei tifosi ad uccidere, ma una manifestazione di gioia che si esprime nel più errato dei modi. A Ercolano, in provincia di Napoli, alcuni ragazzi sparano in aria svariati colpi d’arma da fuoco, esultando e celebrando la vittoria della Nazionale italiana contro la Nigeria, agli ottavi di finale dei Mondiali Usa ’94. Una pallottola colpisce il piccolo Salvatore Oliva, di soli 10 anni, anche lui nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un paio di mesi più tardi, il 29 gennaio 1995, la partita di cartello Genoa – Milan viene sospesa per un drammatico evento: nelle vicinanze dello Stadio Marassi di Genova ha perso la vita Vincenzo Spagnolo, tifoso rossoblu, colpito a morte da diverse coltellate. Lo ha ucciso Simone Barbaglia, giovane tifoso milanista, da poco entrato a far parte della curva rossonera. Quando la Polizia lo ferma per un controllo fuori dallo stadio, il ragazzo ha ancora, nascosto negli slip, il coltello sporco del sangue di Spagnolo. Pronto a colpire ancora, nel caso in cui si fosse presentata l’occasione. Questo fatto, in sede di processo, fornirà un’aggravante notevole al comportamento di Barbaglia, condannato a 15 anni di carcere.
Il 4 maggio 1997 è una data importante per le tifoserie di Salernitana e Brescia. Quel giorno le due frange avversarie stringono un patto di gemellaggio. Per arrivare a questo lieto fine, occorre passare per l’ennesima disgrazia da curva. Quel pomeriggio, infatti, allo Stadio Arechi di Salerno, in una lite scoppiata sugli spalti, Roberto Bani cade accidentalmente nel fossato che separa il settore ospite dal campo di gioco. Precipita battendo violentemente la testa, dopo un volo di circa tre metri. Morirà dopo poche ore su un letto dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”.
Fabio Di Maio muore l’1 febbraio 1998, nel dopopartita di Treviso – Cagliari. Il 32enne decede per via di un arresto cardiaco accorsogli in seguito ad alcune cariche effettuate dalla Polizia per sedare un accenno di rissa tra i due opposti gruppi di tifosi. Allo stesso Di Maio viene poi intitolata la curva ove siedono gli ultras trevigiani.
Anche il 1999 è un anno terribile per le violenze che si verificano nell’ambito del calcio. La prima, non solo in ordine di tempo, ma anche in ordine di gravità, è quella del 24 maggio. Il giorno prima, nell’ultima giornata del campionato di Serie A, la Salernitana non è riuscita ad andare oltre l’1 – 1 in casa del Piacenza, retrocedendo in Serie B. La rabbia dei tifosi è alle stelle, in quanto la squadra campana, l’anno prima, aveva letteralmente dominato il campionato della serie cadetta, e tutti si aspettavano una più lunga permanenza nel massimo campionato. In più vi è la beffa di essersi classificati quartultimi, ad un solo punto dall’ultimo posto valido per rimanere in Serie A. In prossimità della Stazione di Salerno, il treno speciale che riporta a casa gli oltre 3 000 tifosi campani prende fuoco in una galleria. Nel rogo, che si accerterà poi essere stato appiccato dagli stessi tifosi nel tentativo di sfogare la propria rabbia, perdono la vita quattro giovani supporter granata: Simone Vitale, 23 anni, Giuseppe Diodato 21 anni, Vincenzo Ioio, 16 anni e Ciro Alfieri, 15 anni.
Il 17 giugno, in Serie C, si gioca Messina – Catania, partita decisiva per la promozione in Serie B. Prima del fischio d’inizio si verifica un intenso lancio di oggetti tra le due tifoserie. Ad un certo punto, dal settore ospiti, viene scagliata verso i supporter messinesi una bomba carta, che ferisce gravemente il giovane tifoso Antonino Currò. Viene trasportato al Policlinico di Messina, dove pochi giorni dopo si spegne.
Nel 2003 la morte colpisce un tifoso del Napoli. Il 20 settembre la squadra partenopea gioca in casa dell’Avellino. È un derby da sempre molto acceso. Sugli spalti si accendono una serie di scontri tra i supporters di ambo le parti e la Polizia, che si sta prodigando per evitare il contatto tra le tue tifoserie. Nella confusione della guerriglia, Sergio Ercolano precipita nel vuoto e muore sul colpo.
Il 2007 sarà ricordato come uno degli anni più neri del calcio italiano, che uccide per ben tre volte. Il primo a morire è Ermanno Licursi, dirigente della Sammartinese, squadra di terza categoria. Il 27 gennaio, a Luzzi, nel cosentino, scoppia una rissa con i giocatori della Cancellese. Licursi, nel tentativo di dividere i giocatori, subisce una lunga e furibonda serie di percosse. Ermanno muore così, accasciandosi sulle piastrelle dello spogliatoio, ucciso dai calci e dai pugni.
Il 2 febbraio si gioca l'attesissimo derby di Sant'Agata, tra Catania e Palermo. Nel corso dello svolgimento dellapartita hanno luogo violentissimi scontri tra i tifosi catanesi e le Forze dell’Ordine, che stanno cercando di mettere in salvo i supporters palermitani. Nell’evolvere dei disordini, l’ispettore capo Filippo Raciti viene probabilmente colpito all’addome dall'auto di servizio su cui viaggiava, e dalla quale era appena sceso per l'esplosione di un fumogeno nell'abitacolo. L'autista del mezzo, per paura che il veicolo prendesse fuoco, inserisce la retromarcia e si sposta di 5 metri, non avvedendosi, a causa del fumo densissimo, di aver centrato l'ispettore con lo spigolo di una portiera rimasta aperta. Gli ultras del Catania, inferociti, ostacolano volontariamente l’ambulanza, che non riesce ad avvicinarsi all’uomo ferito. I poliziotti riescono a formare un cordone di protezione, e gli uomini dell’autolettiga riescono a recuperare l’ispettore, adagiandolo su una barella e portandolo all’interno della vettura di soccorso, mentre prosegue furioso il lancio di pietre, tubi d’acciaio, bottiglie piene di benzina e chiodi che esplodono frantumi e schegge impazzite ovunque. Raciti muore nella notte, mentre la città di Catania inizia i festeggiamenti in onore di Sant’Agata.
Gabriele Sandri è la terza vita che il calcio si è portato via nel 2007. 11 novembre, ore 9 circa del mattino. Un’auto di tifosi juventini, ferma nel piazzale di sosta di un autogrill sull’autostrada A1, viene avvicinata da alcuni ultras della Lazio, armati di spranghe. Ne nasce una violenta colluttazione, che richiama l’attenzione di una pattuglia della Polstrada che si trova dalla parte opposta della carreggiata, a oltre 50 metri di distanza. I poliziotti raggiungono il bordo della strada, e dopo aver acceso le sirene, uno degli agenti spara in aria un colpo intimidatorio. L’auto dei tifosi juventini riparte rapidamente, e l’agente esplode un secondo colpo, questa volta in direzione del veicolo. Il proiettile raggiunge al collo Gabriele, che stava dormendo sul sedile posteriore della vettura, ignaro di tutto. Muore poco dopo, mentre gli uomini dell’ambulanza tentano invano di rianimarlo. In serata, a Roma, migliaia di ultrà giallorossi, e qualche testimone asserisce di aver visto anche parecchi tifosi laziali al loro fianco, come mai prima era successo, scendono in strada, e cercano il contatto violento con le Forze dell’Ordine. Sono inferociti per via della mancata sospensione del campionato, come invece era accaduto per la morte dell’ispettore Raciti. Ma la sospensione non è arrivata perché le autorità non hanno avuto il tempo di capire la dinamica del fatto, non perché, come urlavano gli ultrà, la morte di un tifoso non vale quanto quello di un poliziotto. Con questo pretesto riempiono la notte romana di violenza e distruzione.
Anche Matteo Bagnaresi muore nel piazzale di un autogrill, in circostanze simili a quelle in cui ha perso la vita Gabriele Sandri. È il 30 marzo 2008. Sono circa le 12.30, quando un pullman di 25 tifosi juventini, proveniente da Crema, si ferma in un’area di servizio. Dopo un paio di minuti fanno sosta nello stesso autogrill due pullman che trasportano ultras del Parma. Questi, notando i bianconeri, scendono brandendo cinghie e lanciando bottiglie di vetro verso di loro. I supporters torinesi, in inferiorità numerica e in preda al panico, risalgono sul veicolo, che riparte a tutta velocità. Mentre sta uscendo dall’area di servizio, da dietro un distributore di benzina appare all’improvviso Matteo Bagnaresi. Il giovane, che voleva probabilmente costringere il mezzo a fermarsi, viene schiacciato dalle ruote anteriori e posteriori sinistre del torpedone, che però prosegue la sua fuga in autostrada, percorrendo circa 700 metri prima di fermarsi. L’autista dirà di non essersi accorto dell’accaduto; ad avvisarlo sarebbe stato, nella sua ricostruzione, un tifoso seduto in ultima fila, che l’ha indotto a fermare il mezzo.

I morti sono 25. 25 vite che il calcio italiano ha trascinato con sé nel vortice della violenza in cui ha sempre annoverato tanti, troppi delinquenti. Perché se un omicidio è considerato tale sia nel caso in cui avvenga dentro che fuori da uno stadio, allora chi si macchia di tale crimine è da considerarsi un omicida in entrambe le circostanze, e va trattato e punito nelle medesime forme, secondo gli stessi procedimenti. La parola “tifoso”, per costoro, è decisamente fuori luogo.

lunedì 8 settembre 2008

L'affaire Alitalia

Sono circa 15 anni che la gloriosa compagnia di bandiera Alitalia perde utili. In questo lasso di tempo ha accumulato perdite pari a qualcosa come 15 miliardi di euro. L'uomo dei miracoli, quello oppresso dalla giustizia e dalle zanzare comuniste, ha governato per 7 dei 15 anni considerati. E' dunque logico e sensato dedurre che metà di questa maxi perdita è imputabile a colpe berlusconiane... Questo per mettere bene in chiaro che la situazione disastrosa non è stata provocata dall'ultimo governo Prodi, come invece hanno sbandierato i vari portavoce-portaborse-porta a porta di Berlusconi... Dinnanzi a questa coraggiosa e puntuale menzogna (una delle tante, visto che Berly e i suoi ci abituano così...), occorre precisare che l'ex professore e il suo ministro dell'Economia Padoa Schioppa avevano compiuto un mezzo miracolo, convincendo Air France a rilevare completamente l'intero pacchetto di Alitalia. Il che avrebbe garantito tutta una serie di vantaggi che grazie all'intervento del Silvio nazionale siamo riusciti a buttare nel water:
- avremmo evitato il fallimento di Alitalia;
- avremmo evitato il ricorso e la modifica della legge Marzano sulle aziende decotte;
- l'Europa avrebbe ottenuto la creazione di un polo dei voli di tutto rispetto, composto da Air France, Klm e Alitalia;
- gli esuberi identificati da monsieur Spinetta, presidente di Air France, erano circa 2150, mentre con la "cordata dei 16 capitani coraggiosi" superano i 5000;
- la compagnia francese avrebbe pagato 1,7 miliardi di euro allo Stato per comprare le azioni Alitalia, e in più avrebbe investiti circa 850 milioni per il salvataggio e il restauro di Malpensa e per il potenziamento di Fiumicino. Il che avrebbe significato che nelle casse dello Stato sarebbe piovuti, come manna dal cielo, circa 2,6 miliardi di euro.
Ci fu chi parlò di una svendita di Alitalia, di un regalo vergoso, di una perdita di prestigio dell'Italia agli occhi del mondo... Si trattava invece di un miracolo, dalla cacca stavamo per uscire puliti e profumati. Ma poi arrivò il nostro caro Silvio, il quale riuscì a bloccare tutto raccontando dell'esistenza di una cordata di impavidi guerrieri. 16 grandi condottieri che avrebbe risollevato l'Alitalia...

Il nuovo piano per il salvataggio della compagnia di bandiera, detto "Fenice" (nella vana speranza che dalla cacca si possa quantomeno risorgere, ormai la pretesa di uscirne puliti e profumati non ce l'ha più nessuno...), rappresenta l'ennesima truffa messa in atto dal Cavaliere. Prevede anzitutto la creazione di una sturtup company, cioè una società costruta ad hoc per rilevarne un'altra in crisi o vicina al fallimento. Viene denominata CAI, acronimo di Compagnia Aerea Italiana, e ricomprende al suo interno due società: la Bad Company e la Good Company. La prima, la discarica, quella entro cui vengono compressi tutti i debiti di Alitalia, è quella che resta allo Stato, andando ad aggravare ulteriormente un deficit pubblico che langue. E con quali soldi si risana il bilancio in rosso dello Stato? Ma coi nostri soldi, è chiaro... Prima ce li avrebbe messi Spinetta, ma grazie al Berly ce li metteremo noi... Che uomo fantastico... Per la Bad Company è stata prevista una spesa iniziale di 1 miliardo di euro (pari a circa 1/3 dei tagli varati dal governo sul sistema scolastico) a cui si devono aggiungere oltre 5000 tra cassa integrati (pagati, quindi, ancora con soldi pubblici) e licenziati. Mentre, dunque, la Bad Company puzza più del rusco di Napoli, la Good Company profuma di pulito... Questo perchè, nella scissione, la Good Company è la società che funziona, quella senza debiti e che produce (o dovrebbe produrre) un fatturato. Questa Good Company va agli imprenditori scelti personalmente e privatamente da Barlusconi, con la solita e usitata formula del clientelismo ("tu mi fai un gran favore oggi, io te ne farò uno ancora più grande domani..."). Insomma, si privatizzano gli utili di Alitalia e si statalizzano le perdite...
Questa nuova e mirabolante Good Company ha intenzione di:
- tagliare il personale, in primis;
- ridurre drasticamente le rotte internazionali;
- declassificare l'aeroporto di Fiumicino;
- non toccare in alcun modo Malpensa, lasciandola dunque così com'è, cioè piena di difetti e poco funzionale (chissà ora che faranno Formigoni, Bossi e la Moratti, così bravi a protestare con Prodi ma troppo succubi di Berlusconi per alzare la cresta ora...).
Il progetto, dunque, sembra in fotocopia quello di Air France, no?

Ma chi sono questi 16 capitani coraggiosi? Andiamoli a conoscere, e a scoprire tutti i piccoli e insignificanti conflitti d'interesse che li riguardano...


1) Carlo Toto, propietario di Air One, l'altra compagnia aerea italiana. La quale, tra le altre cosa, ha ben 450 milioni di euro di debiti. Mentre Toto padre diventa membro di Alitalia, guarda un pò, Toto Daniele, il nipote, diventa membro in Parlamento del Pdl... Contentino?


2) Salvatore Ligresti, le cui mani puzzano ancora per la torbida vicenda di Tangentopoli, per la quale è pregiudicato. Nella vita, oltre che di tangenti, si occupa di assicurazioni e di mercati immobiliari. Cito da Wikipedia:
"...uno dei principali immobiliaristi di Milano, nel 1992 risulta coinvolto in Tangentopoli, venne arrestato e condannato per tangenti. Dopo aver patteggiato con la giustizia torna all'attività di costruttore. Nel luglio del 2004 diventa amministratore delegato della Rsc MediaGroup, società editrice di quotidiani quali il Corriere della Sera e la free press City; dall'aprile 2006 nel consiglio di amministrazione di questa società siede la figlia Jonella.
Ligresti è presidente onorario di Fondiaria Sai, gruppo assicurativo quotato sulla Borsa di Milano e controllato dalla famiglia Ligresti tramite la holding (che, per chi non lo sapesse, si tratta di una società privata che detiene partecipazioni in altre società) Premafin Finanziaria Spa Holding di Partecipazioni che direttamente o indirettamente ne possiede una quota del 47%.
I tre figli di Salvatore Ligresti controllano il 29% della società tramite tre holding lussemburghesi:
  • Giulia Maria Ligresti tramite Canoe Securities SA
  • Gioacchino Paolo Ligresti tramite Limbo Invest SA
  • Jonella Ligresti tramite Hike Securities SA

Ciascuno possiede un 9.687% della società ma tutte le quote sono intestate alla fiduciaria Compagnia Fiduciaria Nazionale Spa."

Insomma, se non puzzano i Ligresti...

3) Marcellino Gavio, anch'egli risorto dalle ceneri (e dalle carceri) di Tangentopoli. Cito da Wikipedia: "Titolare negli anni ottanta di numerose imprese di costruzioni (Itinera, Italvie, Codelfa, Marcora), grazie al processo di privatizzazione delle autostrade italiane ne rilevò una buona parte, arrivando a controllare un consorzio di undici concessionarie che lo pongono al terzo posto nel campo degli operatori autostradali in Italia";

4) Marco Tronchetti Provera, al quale, grazie alla lungimiranza con cui ha traghettato l'azienda Telecom (impossibile non ricordare lo scandalo Telecom - Sismi di qualche anno fa), viene concesso in premio un posto d'onore nel mercato immobiliare italiano;


5) Benetton Family, che rappresenta l'apoteosi del conflitto d'interessi nella questione Alitalia. Cito da Wikipedia:
"...Nella seconda metà del 2007 la famiglia ha ristrutturato l'imponente rete di partecipazioni che ha costruito nel tempo creando due separate holding controllate direttamente da Ragione di Gilberto Benetton & C sapa:
  • Edizione Holding, focalizzata sul settore retail con partecipazioni in Benetton Group e Autogrill;
  • Sintonia, focalizzata sugli investimenti nelle infrastrutture, comeAutostrade per l'Italia S.p.A, Grandi Stazioni, Aeroporti di Roma, Aeroporto di Torino, Aeroporto di Firenze, Aeroporto di Bologna."
Guarda un pò, la famiglia trevigiana ha qualche investimento negli aeroporti... All'Aeroporto di Fiumicino, in particolare, a decidere è proprio Benetton, gestore dello stesso. E dopo che Alitalia avrà inglobato Air One, chi avrà il monopolio dei voli nazionali? La nuova Alitalia. E chi dovrà decidere quanto far pagare alla nuova Alitalia per l'affitto delle postazioni in aeroporto? L'Aeroporto di Fiumicino, cioè la famiglia Benetton, cioè la nuova Alitalia... Se non è concorrenza sleale questa ditemi voi come la devo chiamare...

6) Francesco Gaetano Caltagirone, il quale nutre mire particolari su Linate, in quanto propietario dell'Ata. Cito dal sito www.ata-airport.it:
"Ali Trasporti Aerei ATA S.p.A. è proprietaria e gestisce l’aeroporto privato di Milano Linate dal 1962. Ali Trasporti Aerei ATA S.p.A. è inoltre il fornitore dei servizi di assistenza a terra, rifornimento carburanti e di tutti i servizi collegati all’aviazione d’affari. L’aeroporto ATA opera tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24, ed è situato a km 7

dal centro città in un’area separata rispetto all’aeroporto di Milano Linate garantendo la riservatezza di un passeggero VIP"...chi non si vuole sentire, almeno una volta nella vita, un passeggero VIP?!

Cito da Wikipedia: "...anche noto come Franco o Francolino è un imprenditore, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani, con un fatturato globale di circa 1,7 miliardi di euro e oltre 5.600 dipendenti. Le sue ricchezze ammontano a circa 2,6 miliardi di dollari, questo fa di lui nel 2008 il settimo uomo più ricco d'Italia e il 446° uomo più ricco del mondo."


7) Emilio Riva, grande produttore e lavoratore di acciaio, ma soprattutto grande supportr di Berlusconi. Cito da Wikipedia: Il Gruppo Riva è un "gruppo siderurgico italiano; nel 2005 è stato il decimo produttore d’acciaio al mondo con una produzione di 17,5 ml di tonnellate di grezzo, con un fatturato di 8,53 miliardi di euro e circa 25000 dipendenti. La capogruppo Riva Fire (acronimo di Finanziaria Industriale Riva Emilio) ha sede a Milano e le due principali società sono:

  • Riva Acciaio SpA, che controlla anche le principali consociate estere, che raggruppa le attività nell’acciaio da forno elettrico (produzione di semiprodotti e prodotti lunghi) e nel recupero del rottame di ferro;
  • ILVA SpA, che produce acciaio da ciclo integrale (prodotti piani).

Il gruppo possiede 38 stabilimenti produttivi nel mondo, dei quali 20 in Italia, tra cui il polo siderurgico di Taranto, che con i suoi cinque altoforni è il più grande d’Europa. La proprietà è al 100% della famiglia Riva, che detiene anche le cariche operative più importanti. Il fondatore Emilio Riva sostiene di reinvestire tutti gli utili nell'azienda e di non distribuire mai dividendi...

...Nel 2001 il Tribunale di Taranto ha dichiarato Emilio Riva, il figlio Claudio ed altri dirigenti Ilva colpevoli di tentata violenza privata, per avere demansionato un gruppo di impiegati dell'Ilva nel 1998. La sentenza è stata confermata nel 2006 dalla Corte di Cassazione. Nel febbraio del 2007 Emilio Riva è stato condannato a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento, con riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto di Taranto."

8) Famiglia Marcegaglia, gli "Imprenditori poveri di un’azienda ricca", come capeggia all'entrata della residenza di famiglia a Gazolo degli Ippoliti. Si tratta di un gruppo italiano attivo soprattutto nella lavorazione dell'acciaio, con partecipazioni notevole anche nel settore turistico e in quello immobiliare. Cito da Wikipedia:
"Il Gruppo Marcegaglia è un gruppo industriale e finanziario che opera in Italia e all’estero con 50 società e più di 6.500 dipendenti nel settore metalsiderurgico e in una serie diversificata di altri comparti produttivi. Il gruppo, che è interamente controllato dalla famiglia Marcegaglia, fattura 4,2 miliardi di euro ed ha registrato nello scorso decennio un tasso di crescita medio del 15 per cento (del 20 per cento negli ultimi 5 anni)...
...Nel 2008 la Marcegaglia Spa ha patteggiato una sanzione di 500 mila euro più 250 mila euro di confisca per una tangente di 1 milione 158 mila euro pagata nel2003 a Lorenzo Marzocchi di EniPower. La sua Spa controllata N.e./C.c.t. spa ha invece patteggiato 500 mila euro di pena, e ben 5 milioni 250 mila euro di confisca. Oltre al patteggiamento dell'azienda, Antonio Marcegaglia ha patteggiato 11 mesi di reclusione con sospensione della pena per il reato di corruzione."

9) Banca Intesa, col suo genietto amministratore delegato Corrado Passera. Vicino al centrosinistra, prima si prodiga nel suggerire a Prodi e Padoa Schioppa la migliore soluzione per Alitalia, poi entra in quella che, a tutti gli effetti, è la soluzione migliore (per lui). Cito da Wikipedia:
"...durante la Giornata nazionale della finanza etica del 2004 diversi sindacalisti contestano a Passera la aggressiva politica di incentivi commerciali praticata da Intesa, che - secondo i sindacati - spinge i dipendenti di banca a vendere ai clienti meno accorti prodotti a bassa qualità. Successivamente, Passera verrà coinvolto nel crack Parmalat e dovrà patteggiare col Commissario Bondi per uscire dal contenzioso."

10) Fratelli Fratini, immobiliaristi toscani inseriti anche nel mercato dell'abbigliamento (tra el altre cose, sono i maggiori finanziatori del più grande outlet italiano, quello situato a Barberino del Mugello. La loro società, la Fingen Group, dispone di un network composto da oltre 300 punti vendita, metà dei quali dislocati, guarda un pò, nei principali aeroporti di tutto il mondo (chissà perchè vogliono entrare nel fantastico mondo degli aeroplani...). Le attività nel mercato immobiliare riconducibili ai Fratelli Fratini sono invece gestite dalla società RDM, composta a sua volta di Income Generating Assets (del valore di 250 milioni di euro) e Development Assets (per 1 miliardo e 300 milioni). Fingen detiene inoltre, dal 2001, la società di costruzioni C.P.F. Costruzioni S.p.A., con un fatturato superiore agli 80 milioni di euro l'anno.

11) Davide Maccagnani, giunto all'operazione Alitalia grazie, testuali parole, ad una "passione personale". Da produttore di missili per testate nucleari (è infatti l'ex propietario di Simmel Difesa, settore produzione di munizioni e sistemi d'arma esplosivi terrestri e aerei, nata dallo spacchettamento della Bdp che negli anni 50 produceva il famigerato Ddt) cerca di reinventarsi imprenditore immobiliare.

12) Roberto Colaninno, presidente dei 16 campioni, il furbetto della scalate Telecom. Cito da Wikipedia:
"Nel 1999 lancia una offerta pubblica di acquisto (opa) totalitaria su Telecom Italia, fino ad oggi la più grande operazione di acquisizione a leva finanziaria (Leverage BuyOut, una tecnica finanziaria che consiste nell'utilizzare i flussi di cassa della società acquisita per pagare i debiti contratti nella fase di acquisizione), mai operata in Italia. Come soci dell'operazione ha un gruppo di imprenditori bresciani, soprannominato la razza padana dell'imprenditoria, guidati da Emilio Gnutti e riuniti nella società Hopa Spa. L'operazione riesce, creando tuttavia un grosso debito in Telecom stessa, che la renderà vulnerabile ad una scalata successiva. In conseguenza di ciò, nel 2001 vende la Telecom a Pirelli e Benetton, creando una notevole plusvalenza, pari a 1,5 miliardi di euro nelle casse di Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Gnutti ottennero il controllo di Telecom. La plusvalenza, per chi non lo sapesse, è un aumento di valore entro un determinato periodo di tempo di beni immobili e di valori mobiliari; questo aumento di valore ha rilevanza soprattutto ai fini fiscali in quanto le plusvalenze indicano una maggiore capacità contributiva e sono spesso gravate da imposte dirette. Altro aspetto molto rilevante delle plusvalenze è la loro natura contabile, non costituendo ricavo monetario ma solo un aumento di redditività, non contribuiscono alla copertura dei debiti a breve termine. Non si può dunque basare una struttura finanziaria prevalentemente sulle plusvalenze perché si rischierebbe la morosità.
Per questa plusvalenza la società è stata indagata per evasione fiscale e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro. L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni ad un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni."
Inoltre il figlio di Colaninno, Davide, è ministro ombra dell'industria del PD. In questa situazione si è dimostrato molto ombra, evitando ovviamente di rilasciare dichiarazioni in merito...


In summa, tutti questi imprenditori immobiliari hanno un unico intento, nel partecipare alla cordata. Il loro obbiettivo sono i 16 miliardi di euro che pioveranno su Milano in occasione dell'Expo. Tutti questi soldi sono destinati alla realizzazione di nuove infrastrutture, nuove costruzioni, due autostrade, due metropolitane, una tangenziale, una stazione ferroviaria e una nuova linea ferroviaria. E ovviamente tutti questi bei soldini se li cuccheranno i nostri cari e impavidi 16 cavalieri bianchi, in premio per aver risposto alla chiamata del Premier...

Questo, dunque, è il quadro, molto più che raccapricciante. Per poter attuare questo progetto sono state violate una mezza dozzina di leggi.
Vengono sospese le regole Antitrust per dare tempo ai 16 di poter consumare tutti i loro conflitti d'interesse e le occupazioni indebite di libero mercato. Difatti, non potendoci essere concorrenza perfetta nel mercato dei voli nei cieli italiani, per via dell'unione Alitalia-AirOne e il conseguente monopolio della Cai Good Company, si creerebbe una situazione d'illegalità. Ecco allora che si sospendono le regole, e si fa l'ennesimo strappo con la legge.
Inoltre, aspettiamoci una bella multa da parte della Comunità Europea. Infatti, in aprile, quando viene concesso il maxiprestito al nascente governo Berlusconi, viene fissato un sine qua non: il prestito viene erogato a patto che per un anno la nuova Alitalia non si espanda. Questo patto è stato banalmente violato in partenza, perchè con la inglobazione di Toto e di AirOne, ovviamente, la nuova Alitalia si è espansa. Evviva...
Come anticipato, viene cambiata la legge Marzano sulle imprese decotte. In particolare, per i nuovi imprenditori non c'è alcun rischio di rivalsa e revocatoria da parte di creditori e dipendenti, che potranno rivalersi solo alla Bad Company, che dovrà ottemperare alle loro richieste nonostante i debiti, coi nostri contributi.
Si rende necessaria una sostanziale modifica degli ammortizzatori sociali, perchè l'Italia non è attrezzata per far fronte a questa nuova ondata di lavoro in uscita.
Infine, e questa è veramente la ciliegina sulla torta, il governo detasserà le aziende che assumeranno in organico ex dipendenti Alitalia. Cioè, se hai lavorato in Alitalia noi ti aiutiamo a trovare un nuovo impiego, mentre tutti i lavoratori di tutte le altre imprese decotte italiane si fottono, non li aiuta nessuno.

E il futuro?
I magnifici 16 hanno l'obbligo di permanere nella cordata per 5 anni. Al termine di questo lasso di tempo possono rivendere le quote della Good Company. Chiaramente a questi 16 grandi salvatori non importa un fico secco della Alitalia, vogliono soltanto guadagnarci qualche cosa da tutto questo polverone. Inoltre non hanno alcuna esperienza per quel che riguarda il mondo dei voli. Quindi è ovvio, e forse anche auspicabile, che al termine dei 5 anni pattuti venderanno le loro quote al partner internazionale che entra nella Compagnia, Air France. In questo modo, la compagnia di bandiera italiana diventerà francese a condizioni molto molto migliori di quelle fissate, ai tempi, da Prodi e Padoa Schioppa.
Qual'è la vera svendita di Alitalia? Quella proposta dal governo Prodi? A me non sembra proprio...




Questo post è stato realizzato allo scopo di "passare parola", conformemente a quanto suggerito da Marco Travaglio, dall'inchiesta del quale è stata tratta la maggior parte delle informazioni qui riportate. Ergo, passate parola anche voi...

lunedì 1 settembre 2008

Tifosi?



Vergogna. L'unica parola che rimbomba nella mia testa. Vergogna, vergogna, vergogna. Se questo è il solo calcio che ci aspetta, beh, ditemelo subito, che cambio canale per sempre. Se questi sono i "tifosi" che devono supportare le nostre squadre, beh, tanto vale che giochiamo il campionato nel cortile di un carcere. Perchè se questi si fanno chiamare tifosi, ditemi voi come diavolo devo chiamare uno che sequestra un treno, sfasciandolo completamente. Ditemi voi come devo chiamare un essere (neanche una persona...) che ha il coraggio di maturare l'idea di prendere un treno senza il biglietto ed avere pure ragione della sua azione illegale. Ditemi voi come devo chiamare un branco di idioti che gira in gruppo come un gregge, con martelli e coltelli nascosti tra gli abiti, col volto coperto, con la bocca piena di insulti e la testa di segatura. Ditemi voi come devo chiamare degli scalmanati che hanno il coraggio di gridare con quanto più fiato hanno in gola "Onore ai diffidati!", "Ultras liberi!", inneggiando alla libertà per quei tifosi che devono pagare i conti con la giustizia. Ditemi voi come devo chiamare una delle spese più alte dello Stato, che coi nostri contributi è costretto ogni santa domenica a spiegare uno stuolo di poliziotti, i quali col cuore in gola, se vanno a cercare di prendere meno botte possibili. Questi non sono tifosi. Questi sono delinquenti, criminali, esseri talmente orrendi che nemmeno il vocabolo "persona" può ricomprenderli al loro interno. Io questi animali li costringerei ai lavori forzati, e scioglierei i loro gruppi ultrà per sempre. Oppure porte chiuse per un anno intero, nella speranza più grande che le squadre coi "tifosi" più scemi e violenti possano fallire e non giocare mai più...

ODIO GLI ULTRA'!!!