venerdì 26 settembre 2008

Tifo assassino

Ho appena finito la mia tesi, sulla violenza negli stadi e sul particolare caso di Filippo Raciti. Ho avuto modo di fare qualche ricerca in tema, e vorrei proporvi un questo post, che in un macabro bollettino di guerra, elenca tutte le persone che sono state uccise dal calcio e dai suoi orrendi "tifosi". L'aggettivo "agghiacciante" non basta...

Il 28 aprile 1963 perde la vita Giuseppe Plaitano. È il primo morto del calcio italiano, il primo a morire a causa della follia ultrà. Allo stadio Vestuti di Salerno si gioca Salernitana – Potenza, incontro decisivo ai fini della promozione in Serie B. La tensione è alta sin dalle prime battute di gioco. A scatenare l’inferno è un rigore non assegnato dall’arbitro alla squadra di casa. I tifosi inferociti riescono ad invadere il campo, scatenando un’accesa guerriglia con i supporter avversari. La polizia tenta di frapporsi tra le due frange impazzite, ed un agente spara in aria un colpo intimidatorio. Sugli spalti della tribuna centrale si accascia un uomo di 48 anni, raggiunto fatalmente dal proiettile vagante. È Giuseppe Plaitano, il primo morto del calcio italiano.
Vincenzo Paparelli è uno dei nomi più utilizzati dai giornali quando si scrive di violenza negli stadi. Questo perché il tragico evento che porta alla sua morte ha dell’incredibile. È il 28 ottobre 1979. Vincenzo e la moglie sono tifosi laziali, e come al solito si recano allo stadio, in Curva Nord, per assistere allo spettacolo cittadino del derby: quel giorno si gioca, infatti, Roma – Lazio. Sono circa le 13:30, manca poco più di un’ora all’inizio della partita, quando dalla Curva Sud, occupata dai tifosi della Roma, parte un razzo a paracadute di tipo nautico, che s’infrange sul volto di Vincenzo, perforandogli il bulbo oculare sinistro. Un volo di circa 200 metri, da curva a curva. La moglie si ustiona entrambe le mani nel vano tentativo di estrarre il tubo di ferro incandescente. L’uomo viene trasportato immediatamente all’ospedale Santo Spirito, ma per lui non ci sarà nulla da fare.
Andrea Vitone ha solo 13 anni quando conosce la morte. È il 21 marzo 1982; si è appena disputata la partita Bologna - Roma, e Andrea è sul treno che sta riportando a casa i tifosi giallorossi. Nei pressi di Civita Castellana un petardo causa accidentalmente l’incendio del vagone nel quale è seduto, forse addormentato, il ragazzo. Andrea muore soffocato.
Nel 1984 il calcio uccide due volte. La prima, l’8 febbraio, a Trieste, in seguito alla partita Triestina – Udinese. A causa di gravi incidenti scoppiati tra le due tifoserie, la Polizia è costretta ad intervenire. Negli scontri perde la vita il tifoso triestino Stefano Furlan, in conseguenza a gravi lesioni cerebrali causategli probabilmente dalle percosse infertegli dalle Forze dell’Ordine. Da allora la curva dello stadio di Trieste in cui prendono posto i tifosi della Triestina è intitolata proprio a Stefano Furlan.
Il secondo omicidio del calcio accaduto nel 1984 si verifica a Milano. Stavolta la vittima si chiama Marco Fonghessi, ed è un giovane tifoso del Milan. È il 30 settembre, e si è appena conclusa la partita Milan – Cremonese. La dinamica dell’episodio è assurda. Marco sta tornando a casa, dopo aver visto la partita allo stadio. La sua auto è targata Cremona, ed un gruppo di tifosi meneghini la nota. Mentre Marco è imbottigliato nel traffico fuori San Siro, il gruppetto raggiunge l’auto, la circonda, e fora le gomme al malcapitato Fonghessi. Questi reagisce, esce dalla vettura, fa per avvicinarsi a uno dei quattro, ma prima che possa parlare viene trafitto al petto da una coltellata, sferrata da un giovane appena diciottenne. Così muore Marco, ucciso da un tifoso della sua stessa squadra del cuore, per colpa di un’auto con la targa “sbagliata”.
Nel 1986 a rimetterci la vita è un ragazzo di 17 anni: Paolo Siroli, tifoso della Roma. È il 13 aprile, e i supporters romani stanno tornando da Pisa col morale a mille: la loro squadra ha vinto 4 - 2, ed ha agganciato in vetta alla classifica la Juventus, a sole due giornate dalla fine del campionato. La troppa euforia porta alcuni ultrà ad appiccare il fuoco ad uno scompartimento del treno in cui viaggiano. Le fiamme si propagano in fretta, senza controllo. Paolo muore così, ucciso dal “fuoco amico”.
Pochi mesi più tardi, il 7 dicembre 1986, il tifoso della Sambenedettese Giuseppe Tomasetti, di appena 21 anni, muore accoltellato da un tifoso dell’Ascoli, al termine di una partita di Coppa Italia.
Due anni dopo tocca a un tifoso ascolano morire per una partita di calcio. Il 9 ottobre 1988 allo Stadio Del Duca di Ascoli, al termine della partita con l’Inter, Nazzareno Filippini resta gravemente ferito nel corso di una cruenta rissa scoppiata tra le tifoserie avversarie. Poche ore dopo si spegnerà in ospedale, mentre la Polizia arresta quattro esponenti della curva nerazzurra.
L’anno successivo, il 4 giugno 1989, prima che si disputasse la partita Milan – Roma, il tifoso giallorosso Antonio De Falchi, appena diciottenne, muore per arresto cardiaco, causato dall’aggressione subita dal giovane e da tre amici per mano di una ventina di tifosi milanisti. Dei tre ultrà milanesi processati, soltanto uno viene arrestato e poi condannato a sette anni di reclusione.
Quattro anni dopo, la violenza degli ultrà colpisce a Bergamo. È il 10 gennaio 1993. Al termine di Atalanta – Roma, muore, colto da infarto, il 42enne Celestino Colombi. Non si tratta di un tifoso, né di un poliziotto. È un cittadino come tanti, rimasto coinvolto accidentalmente nelle cariche della Polizia mentre si trovava casualmente nei pressi dello Stadio Atleti Azzurri d’Italia.
Il 1994 è un altro anno tragico per le sorti del calcio nazionale. Quello che doveva essere l’anno della speranza per la vittoria dei Mondiali americani, dell’esultanza per l’assegnazione a Roberto Baggio del prestigioso Pallone D’Oro e dell’ennesima consacrazione del calcio italiano a livello globale, si tramuta in un triste susseguirsi di morti, passate inosservate o sussurrate sottovoce, onde non macchiare il clima di festa. Salvatore Moschella non è un ultras. È il 30 gennaio 1994. Sta viaggiando su un treno partito da Ragusa e che lo sta riportando a casa. Sullo stesso convoglio viaggiano anche alcuni tifosi del Messina, di ritorno dalla trasferta ragusana. Questi cominciano ad infastidire una giovane ragazza seduta poco lontano da Salvatore, il quale intima ai messinesi di lasciarla in pace. Gli ultrà in tutta risposta se la prendono con lui, aggredendolo con furia e cattiveria. Il ragazzo, nello strenuo tentativo di trovare una via di fuga, si butta dal finestrino del treno in prossimità della stazione di Acireale, mentre il treno sta rallentando. Le ferite riportate sono gravissime, e dopo poche ore Salvatore si spegne in ospedale, a soli 22 anni. È il primo morto del calcio del 1994.
Il 5 luglio non è la violenza dei tifosi ad uccidere, ma una manifestazione di gioia che si esprime nel più errato dei modi. A Ercolano, in provincia di Napoli, alcuni ragazzi sparano in aria svariati colpi d’arma da fuoco, esultando e celebrando la vittoria della Nazionale italiana contro la Nigeria, agli ottavi di finale dei Mondiali Usa ’94. Una pallottola colpisce il piccolo Salvatore Oliva, di soli 10 anni, anche lui nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un paio di mesi più tardi, il 29 gennaio 1995, la partita di cartello Genoa – Milan viene sospesa per un drammatico evento: nelle vicinanze dello Stadio Marassi di Genova ha perso la vita Vincenzo Spagnolo, tifoso rossoblu, colpito a morte da diverse coltellate. Lo ha ucciso Simone Barbaglia, giovane tifoso milanista, da poco entrato a far parte della curva rossonera. Quando la Polizia lo ferma per un controllo fuori dallo stadio, il ragazzo ha ancora, nascosto negli slip, il coltello sporco del sangue di Spagnolo. Pronto a colpire ancora, nel caso in cui si fosse presentata l’occasione. Questo fatto, in sede di processo, fornirà un’aggravante notevole al comportamento di Barbaglia, condannato a 15 anni di carcere.
Il 4 maggio 1997 è una data importante per le tifoserie di Salernitana e Brescia. Quel giorno le due frange avversarie stringono un patto di gemellaggio. Per arrivare a questo lieto fine, occorre passare per l’ennesima disgrazia da curva. Quel pomeriggio, infatti, allo Stadio Arechi di Salerno, in una lite scoppiata sugli spalti, Roberto Bani cade accidentalmente nel fossato che separa il settore ospite dal campo di gioco. Precipita battendo violentemente la testa, dopo un volo di circa tre metri. Morirà dopo poche ore su un letto dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”.
Fabio Di Maio muore l’1 febbraio 1998, nel dopopartita di Treviso – Cagliari. Il 32enne decede per via di un arresto cardiaco accorsogli in seguito ad alcune cariche effettuate dalla Polizia per sedare un accenno di rissa tra i due opposti gruppi di tifosi. Allo stesso Di Maio viene poi intitolata la curva ove siedono gli ultras trevigiani.
Anche il 1999 è un anno terribile per le violenze che si verificano nell’ambito del calcio. La prima, non solo in ordine di tempo, ma anche in ordine di gravità, è quella del 24 maggio. Il giorno prima, nell’ultima giornata del campionato di Serie A, la Salernitana non è riuscita ad andare oltre l’1 – 1 in casa del Piacenza, retrocedendo in Serie B. La rabbia dei tifosi è alle stelle, in quanto la squadra campana, l’anno prima, aveva letteralmente dominato il campionato della serie cadetta, e tutti si aspettavano una più lunga permanenza nel massimo campionato. In più vi è la beffa di essersi classificati quartultimi, ad un solo punto dall’ultimo posto valido per rimanere in Serie A. In prossimità della Stazione di Salerno, il treno speciale che riporta a casa gli oltre 3 000 tifosi campani prende fuoco in una galleria. Nel rogo, che si accerterà poi essere stato appiccato dagli stessi tifosi nel tentativo di sfogare la propria rabbia, perdono la vita quattro giovani supporter granata: Simone Vitale, 23 anni, Giuseppe Diodato 21 anni, Vincenzo Ioio, 16 anni e Ciro Alfieri, 15 anni.
Il 17 giugno, in Serie C, si gioca Messina – Catania, partita decisiva per la promozione in Serie B. Prima del fischio d’inizio si verifica un intenso lancio di oggetti tra le due tifoserie. Ad un certo punto, dal settore ospiti, viene scagliata verso i supporter messinesi una bomba carta, che ferisce gravemente il giovane tifoso Antonino Currò. Viene trasportato al Policlinico di Messina, dove pochi giorni dopo si spegne.
Nel 2003 la morte colpisce un tifoso del Napoli. Il 20 settembre la squadra partenopea gioca in casa dell’Avellino. È un derby da sempre molto acceso. Sugli spalti si accendono una serie di scontri tra i supporters di ambo le parti e la Polizia, che si sta prodigando per evitare il contatto tra le tue tifoserie. Nella confusione della guerriglia, Sergio Ercolano precipita nel vuoto e muore sul colpo.
Il 2007 sarà ricordato come uno degli anni più neri del calcio italiano, che uccide per ben tre volte. Il primo a morire è Ermanno Licursi, dirigente della Sammartinese, squadra di terza categoria. Il 27 gennaio, a Luzzi, nel cosentino, scoppia una rissa con i giocatori della Cancellese. Licursi, nel tentativo di dividere i giocatori, subisce una lunga e furibonda serie di percosse. Ermanno muore così, accasciandosi sulle piastrelle dello spogliatoio, ucciso dai calci e dai pugni.
Il 2 febbraio si gioca l'attesissimo derby di Sant'Agata, tra Catania e Palermo. Nel corso dello svolgimento dellapartita hanno luogo violentissimi scontri tra i tifosi catanesi e le Forze dell’Ordine, che stanno cercando di mettere in salvo i supporters palermitani. Nell’evolvere dei disordini, l’ispettore capo Filippo Raciti viene probabilmente colpito all’addome dall'auto di servizio su cui viaggiava, e dalla quale era appena sceso per l'esplosione di un fumogeno nell'abitacolo. L'autista del mezzo, per paura che il veicolo prendesse fuoco, inserisce la retromarcia e si sposta di 5 metri, non avvedendosi, a causa del fumo densissimo, di aver centrato l'ispettore con lo spigolo di una portiera rimasta aperta. Gli ultras del Catania, inferociti, ostacolano volontariamente l’ambulanza, che non riesce ad avvicinarsi all’uomo ferito. I poliziotti riescono a formare un cordone di protezione, e gli uomini dell’autolettiga riescono a recuperare l’ispettore, adagiandolo su una barella e portandolo all’interno della vettura di soccorso, mentre prosegue furioso il lancio di pietre, tubi d’acciaio, bottiglie piene di benzina e chiodi che esplodono frantumi e schegge impazzite ovunque. Raciti muore nella notte, mentre la città di Catania inizia i festeggiamenti in onore di Sant’Agata.
Gabriele Sandri è la terza vita che il calcio si è portato via nel 2007. 11 novembre, ore 9 circa del mattino. Un’auto di tifosi juventini, ferma nel piazzale di sosta di un autogrill sull’autostrada A1, viene avvicinata da alcuni ultras della Lazio, armati di spranghe. Ne nasce una violenta colluttazione, che richiama l’attenzione di una pattuglia della Polstrada che si trova dalla parte opposta della carreggiata, a oltre 50 metri di distanza. I poliziotti raggiungono il bordo della strada, e dopo aver acceso le sirene, uno degli agenti spara in aria un colpo intimidatorio. L’auto dei tifosi juventini riparte rapidamente, e l’agente esplode un secondo colpo, questa volta in direzione del veicolo. Il proiettile raggiunge al collo Gabriele, che stava dormendo sul sedile posteriore della vettura, ignaro di tutto. Muore poco dopo, mentre gli uomini dell’ambulanza tentano invano di rianimarlo. In serata, a Roma, migliaia di ultrà giallorossi, e qualche testimone asserisce di aver visto anche parecchi tifosi laziali al loro fianco, come mai prima era successo, scendono in strada, e cercano il contatto violento con le Forze dell’Ordine. Sono inferociti per via della mancata sospensione del campionato, come invece era accaduto per la morte dell’ispettore Raciti. Ma la sospensione non è arrivata perché le autorità non hanno avuto il tempo di capire la dinamica del fatto, non perché, come urlavano gli ultrà, la morte di un tifoso non vale quanto quello di un poliziotto. Con questo pretesto riempiono la notte romana di violenza e distruzione.
Anche Matteo Bagnaresi muore nel piazzale di un autogrill, in circostanze simili a quelle in cui ha perso la vita Gabriele Sandri. È il 30 marzo 2008. Sono circa le 12.30, quando un pullman di 25 tifosi juventini, proveniente da Crema, si ferma in un’area di servizio. Dopo un paio di minuti fanno sosta nello stesso autogrill due pullman che trasportano ultras del Parma. Questi, notando i bianconeri, scendono brandendo cinghie e lanciando bottiglie di vetro verso di loro. I supporters torinesi, in inferiorità numerica e in preda al panico, risalgono sul veicolo, che riparte a tutta velocità. Mentre sta uscendo dall’area di servizio, da dietro un distributore di benzina appare all’improvviso Matteo Bagnaresi. Il giovane, che voleva probabilmente costringere il mezzo a fermarsi, viene schiacciato dalle ruote anteriori e posteriori sinistre del torpedone, che però prosegue la sua fuga in autostrada, percorrendo circa 700 metri prima di fermarsi. L’autista dirà di non essersi accorto dell’accaduto; ad avvisarlo sarebbe stato, nella sua ricostruzione, un tifoso seduto in ultima fila, che l’ha indotto a fermare il mezzo.

I morti sono 25. 25 vite che il calcio italiano ha trascinato con sé nel vortice della violenza in cui ha sempre annoverato tanti, troppi delinquenti. Perché se un omicidio è considerato tale sia nel caso in cui avvenga dentro che fuori da uno stadio, allora chi si macchia di tale crimine è da considerarsi un omicida in entrambe le circostanze, e va trattato e punito nelle medesime forme, secondo gli stessi procedimenti. La parola “tifoso”, per costoro, è decisamente fuori luogo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

...bella martin...ragazzo impegnato...ora però non puoi più incularmi...'peccato!' dirai tu...ma tant'è...

...comunque non c'è che dire...tutto interessante...ben scritto...post (o meglio, articoli) da gran divoratore di giornali...scienziato politico che non sei altro!!...eh eh...come da consegna attendo anche pensieri e riflessioni su questo blog...anche se ti capisco, i dilemmi sono sempre in maggioranza...'ahi serva Italia' diceva quel tale...poi andava avanti...parlando di un bordello...va bò...mi congedo con una frase di Pozzetto: 'Basta con la violenza negli stadi!...sempre riconoscendo la complessità del problema...anzi, appunto per questo...

-un crostaceo-